Recensione: L'uroboro di corallo - Rosalba Perrotta

by - febbraio 24, 2017

Buongiorno lettori,
eh lo so che oggi vi aspettavate una nuova puntata di Ti (s)consiglio un libro, ma  no, non ci sarà. Io e Laura abbiamo pensato ad un paio di novità in merito di cui vi parleremo presto, anzi prestissimo. Visto che si è liberato uno spazio oggi vi parlerò della mia ultima lettura, per la quale devo ringraziare la Salani che mi ha messo a disposizione una copia. Si tratta di L'urobaro di corallo di Rosalba Perrotta

L'uroboro di corallo
di Rosalba Perrotta
Salani | Romanzo | 300 pagine
ebook €9,99 | cartaceo €15,90
23 febbraio 2017 | scheda Salani

Trama
Sicilia, giorni nostri. Anastasia è una signora catanese della media borghesia, ormai avviata verso la terza età; madre di due figlie femmine e nonna di Matteo, è stata abbandonata qualche anno prima dal marito, ma si considera ancora sposata. La sua vita è stata fino a questo momento un susseguirsi di doveri e di convenzioni. Le cose cambiano a partire da un giorno ben preciso: la seconda moglie del nonno paterno, lituana e ben più giovane di lui, è morta e ha lasciato in eredità a lei e alle tre cugine un intero palazzetto di inizio Novecento a San Berillo, malfamato quartiere di Catania. Dopo tanti anni si rende conto che fino a quel momento ha fatto solo ciò che hanno deciso gli altri per lei, e coraggiosamente riprende la guida della sua auto, abbandonata nel garage dopo un incidente. Nel frattempo le ritorna in mente Igor, il bambino che a dieci anni l'aveva chiesta in sposa sotto l'albero di Natale, e si mette in testa di rintracciarlo: lo vede un giorno in televisione, intervistato in merito alla chiusura di una storica libreria indipendente. Anastasia spera di ritrovarlo e di proporgli di aprire insieme una libreria nella palazzina ereditata...

Io lo so che ve lo state domandando: che cos'è l'uroboro? E' un antico simbolo, un serpente che si morde la coda, simboleggia la rinascita, oltre che l'infinito, l'eternità, il tempo ciclico. Nel nostro caso un uroboro è rappresentato su una spilla che Anastasia eredita insieme ad un palazzetto di inizio '900 in una delle zone malfamate di Catania. Da qui prende il via la storia di questa signora della Catania bene, divorziata, che più o meno consciamente è ancora piegata al volere e ai dettami della madre bacchettona oramai morta da tempo e che non prende neanche la macchina per non far arrabbiare le figlie.

Avevo tante aspettative su questo romanzo e ancora non ho capito bene che cosa sia andato storto. L'ambientazione siciliana mi è molto piaciuta perchè esce un po' dai soliti cliché e ci propone una Catania più quotidiana, meno da cartolina, anche solo per il fatto che la narrazione si svolga in  inverno e non nella più scontata estate. Sappiamo tutti quanto è bella la Sicilia, i suoi colori, i suoi profumi, ma ogni tanto mostrarci anche un'altra faccia di questa bella terra per me è tutto di guadagnato e dà maggiore realtà alla storia.
Ciò che mi è piaciuto meno sono la storia e i personaggi. Della storia non ho apprezzato la confusione. Si sono volute mettere insieme troppe cose, troppi fili narrativi in un libro di poi appena 300 pagine: l'occultismo, lo spasimante, la storia di Nuvola, il matrimonio di Doriana, Igor  e la russa, il marito di Anastasia... tanto tutto assieme, troppo. Si salta da una storia all'altra di continuo e alla fine la conclusione dei vari fili mi ha lasciata un po' perplessa, tutto troppo semplice, senza succo. La parte legata alla spilla dà quel pizzico di sale alla storia, avvia un processo di crescita nella protagonista e dà anche un po' di umorismo al racconto. E' la parte che più mi è piaciuta e che secondo me legata alla storia di questa famiglia allargata doveva essere il cuore del racconto. Il problema è che si è andato troppo oltre rendendo a volte la lettura confusa e un poco irritante.
Dei personaggi non mi è piaciuto il ripetere in continuazione le stesse cose: Nuvola (che poi che nome... e i vezzeggiativi...) con la coperta con le maniche e il letto a baldacchino, Anastasia col marito che se torna... no ma non torna, Doriana che a quanto pare vive pensando al femore della madre, e così via. Ebbene si, ho alzato più volte gli occhi al cielo, anche per la mancanza di carattere di queste donne che potrebbero conquistare il mondo e che invece ho trovato o troppo remissive, Anastasia in primis ma anche Nuvoletta scherza poco, o eccessive all'opposto e parecchio rompiscatole, come Doriana. Essendoci prettamente personaggi femminili speravo in una forza maggiore, magari anche solo sul finale, e invece niente.

Il punto forte, ciò che ha tenuto tutto a galla, è lo stile dell'autrice, legato al dialetto ma che del dialetto non è schiavo, descrittivo quanto basta. Ho particolarmente apprezzato il piccolo escamotage usato qua e là di proporre discorsi (sotto forma di telefonate, messaggi o botta e risposta) senza contro parte: in questa maniera è riuscita  a far risaltare  la parte del discorso che più interessava in maniera semplice e curiosa.

Alla prossima



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5 comments

  1. Questo romanzo non mi ha mai esaltato per il titolo. Non so perchè quando lo vedo nelle librerie ho una sorta di prurito - antipatia. Forse è per questo che non l'ho preso e non intendo farlo. Leggendo, inoltre, la recensione mi sembra di capire che ho scelto bene e non mi pento.

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  2. Questa volta l'uroboro deve aver morso troppo forte la coda...
    Passo, ma quei segnapagina devono essere miei!
    La Bacci

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    Risposte
    1. Baccina...li trovi da Ellero quei segnapagina!
      Eliza...passo, ma è grave se mi piace il nome nuvola?
      ciao da Lea

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